|
Malattie infiammatorie coriniche intestinali
Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono rappresentate essenzialmente dalla malattia nota come Rettocolite ulcerosa e dal Morbo di Crohn. Vediamo di saperne di più.
La colite ulcerosa
La colite ulcerosa è una malattia a decorso protratto che interessa l'apparato gastro-enterico e, assieme alla malattia di Crohn, rientra tra le "malattie infiammatorie croniche intestinali". Nella colite ulcerosa vi è una importante infiammazione che interessa soltanto il colon, localizzandosi sempre e comunque nel tratto terminale, ovvero la regione del retto e del sigma. Va detto ancora che la si definisce proctite quando l'infiammazione è soltanto localizzata al retto-sigma, colite sinistra quando l'infiammazione colpisce tutto il colon e colite totale quando tutto il colon è coinvolto.
incidenza
|
|
Si calcola che globalmente la colite ulcerosa e la malattia di Crohn colpiscano oltre 100.000 persone in Italia. Si ipotizza un'incidenza pari a 8,1 nuovi casi per 100.000 abitanti, considerando la popolazione adulta, distribuita in modo pressoché uniforme in entrambi i sessi. |
|
sintomi
|
|
Il sintomo guida è la radicale modificazione dell'alvo, ovvero scariche diarroiche ma con feci miste a sangue e muco, che sono tanto più frequenti quanto la malattia è più severa . Infatti la colite ulcerosa può esordire in forma lieve ma anche con un attacco acuto particolarmente grave.
La presenza di diarrea con muco e sangue si spiega in quanto queste patologie infiammatorie provocano in alcuni casi vere e proprie ulcerazioni, con sanguinamento e versamento del muco nel lume dell'intestino. Nelle forme più gravi sono presenti disturbi generali, ovvero: febbre, aumento della frequenza cardiaca (tachicardia), anemia, perdita di forze e di appetito, diminuzione delle proteine circolanti e squilibrio di importanti sostanze come potassio, sodio e cloro. Insomma, tutto l'organismo entra in sofferenza. |
|
diagnosi
|
|
La diagnosi della malattia viene fatta quando sono riconosciute alcune condizioni:
1. per prima cosa occorre documentare l'infiammazione a livello rettale;
2. In secondo luogo bisogna escludere che quelle lesioni non siano state provocate da una sostanza particolare, quali gli antinfiammatori non steroidei, un'infezione o qualunque agente fisico o chimico;
3. Terzo punto, è necessario essere sicuri che l'infiammazione sia persistente e protratta.
Il primo punto richiede il ricorso all'esame endoscopico, ma limitato al sigma, quindi eseguibile con il sigmoidoscopio flessibile o rigido. Con questo strumento lo specialista vede subito se la mucosa è infiammata e di che tipo sono le lesioni. Può, altresì, fare una biopsia della mucosa. L'esame istologico confermerà poi la presenza dell'infiammazione. Se con la sigmoidoscopia si sono già ben delimitati i confini delle lesioni, ovvero se si vede che non vanno al di là del sigma, si può evitare la colonscopia.
La colonscopia è necessaria per stabilire bene le altre localizzazioni, definendo così, anche l'intera estensione dell'infiammazione. In alternativa si può ricorrere dall'esame radiologico, il clisma opaco a doppio contrasto e in taluni casi anche all'ecografia. Per il secondo punto gli esami fondamentali sono la ricerca di parassiti o di altri agenti infettivi nelle feci, o il prelievo di sangue per escludere la presenza di infezioni recenti. Per il terzo punto la biopsia è di aiuto a identificare la natura dell'infiammazione; nel caso della colite ulcerosa la lesione cronica si automantiene nel tempo. |
|
terapia medica
|
|
Oggi possiamo dire che la malattia viene curata in modo preciso, sicuro e affidabile: l'esperienza accumulata in questi anni, grazie anche a continui scambi di informazioni e di risultati ottenuti con questo o quel farmaco, tra esperti di tutto il mondo, ha fatto sì che siano stati messi a punto protocolli farmacologici validi nelle varie forme della malattia. Si sono evitate così le gravi insidie degli attacchi acuti, che nel passato potevano anche essere mortali. Si sono anche stabiliti criteri utili alla decisione di eseguire un eventuale trattamento chirurgico. Per quanto riguarda strettamente la prevenzione, dobbiamo distinguere tra prevenzione della fase acuta e prevenzione delle recidive.
Nel caso che la malattia esordisca con un attacco severo, vale a dire con più di sei scariche giornaliere feci muco-sanguinolente e disturbi generali, occorre sempre il ricovero in ospedale. Qui gli specialisti sottopongono il malato ad un trattamento intensivo, con alte dosi di cortisone, della durata di circa 7-10 giorni. Sono somministrati anche liquidi, plasma ed elettroliti, nonché sostanze ad alto contenuto calorico.
In oltre la metà dei casi, dal 50 al 70 per cento, la risposta ottenuta è molto buona; viene così evitato l'intervento chirurgico e, soprattutto, il rischio di mortalità è stato del tutto azzerato. Tra le proposte farmacologiche di quest'ultimo periodo, per la fase acuta va segnalata la possibilità di usare anche farmaci immunosoppressori, come la ciclosporina, sempre per via endovenosa.
In caso di attacchi lievi o moderati va precisato che raramente in queste forme le scariche le 5-6 al giorno, la malattia è generalmente limitata al retto-sigma, estendendosi al massimo al colon di sinistra; qui rispetto al passato c'è stata una vera rivoluzione terapeutica che ha messo in secondo piano la somministrazione di cortisone per bocca e localmente. E così oggi si tende decisamente a privilegiare il trattamento locale, ovvero l'uso di farmaci somministrati per via rettale. Primi tra tutti i clismi, quindi le supposte, a cui si sono aggiunte proprio di recente preparazioni a base di schiuma.
Il principio attivo più frequentemente usato è il 5-ASA, ovvero la parte attiva della molecola salazopirina, che agisce localmente sulla mucosa del colon. Questo nuovo indirizzo di cura, che è nato proprio in Italia, offre oggi la possibilità di controllo degli attacchi, almeno nell'80-90 per cento dei malati; resta così una piccola percentuale di pazienti, non oltre il 15 per cento, che ha ancora bisogno di cortisone per via sistemica. Va aggiunto però che un piccolo gruppo di pazienti, quelli con colite distale refrattaria, può non rispondere a questa terapia "standard". In questi casi si opta per la somministrazione contemporanea di cortisone e 5-ASA o di immnunosoppressori o per l'impiego protratto nel tempo di 5-ASA.
In caso di ricadute la molecola usata nel passato, ovvero la salazopirina, che si era dimostrata in grado di prevenire le ricadute della malattia, ma che aveva numerosi effetti collaterali, è stata sostituita dalla nuova generazione di composti, costituiti appunto dalla sua parte attiva, ovvero il 5-ASA. Si tratta di preparazioni che, assunte per bocca, liberano il principio attivo soltanto dove è effettivamente utile, cioè nel colon. Tutto questo ha contribuito a curare meglio e con maggiore sicurezza per lunghi periodi la stragrande maggioranza dei pazienti con colite ulcerosa. |
|
terapia chirurgica
|
|
L'intervento chirurgico può essere effettuato o come terapia alternativa in caso di fallimento della terapia medica, nelle forme severe, oppure come scelta terapeutica nel caso di impoverimento della qualità di vita o scarsa risposta alla terapia medica. Non va più vissuto, comunque, come un evento drammatico in quanto, grazie ai perfezionamenti della tecnica chirurgica, deve essere considerato come un valido strumento terapeutico in grado di eliminare la malattia.
L'intervento chirurgico può essere effettuato secondo una tecnica tradizionale, cioè anastomosi ileo-retto che, come è ben comprensibile dalla parola, prevede l'asportazione del colon malato e l'abboccamento dell'ileo con un piccolo tratto residuo di retto. Siccome il retto è la porzione di intestino sempre colpita, è ovvio che si debba continuare per lunghi periodi con terapie locali e controllo della mucosa rettale.
L'altro intervento, di più recente introduzione, consiste, invece, nella ricostruzione di una nuova tasca rettale con la mucosa dell'intestino tenue, mediante il suo abboccamento con il margine anale (anastomosi ileo-ano). Quest'ultimo intervento presenta il vantaggio di favorire l'eliminazione di ogni area affetta da malattia anche se una percentuale fortunatamente piccola di pazienti può sviluppare una nuova condizione flogistica della nuova ampolla.
Questo quadro, tuttavia, viene comunque ben controllato da un modesto approccio di terapia medica. |
|
|
|
Malattia di Crohn
La malattia di Crohn è un'infiammazione cronica che può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, dalla bocca all'ano, ma che si localizza prevalentemente nell'ultima parte dell'intestino tenue chiamato ileo (ileite) o nel colon (colite) oppure in entrambi (ileo-colite). Nei tratti intestinali colpiti si hanno infiammazione, gonfiore ed ulcerazioni che interessano a tutto spessore la parete intestinale.
incidenza
|
|
Si calcola che in Italia vi siano almeno 100.000 persone affette da malattie infiammatorie croniche intestinali. Per quanto riguarda più strettamente la malattia di Crohn, essa si presenta prevalentemente in età giovanile (20/25 anni) ed in terza età (65 anni) ma non sono rari casi anche nei bambini e negli adolescenti. Tale malattia, inoltre, è presente prevalentemente nei Paesi ad alto sviluppo industriale mentre è rara, se non assente, in quelli del Terzo Mondo. |
|
sintomi
|
|
Anche se vi sono delle variazioni da caso a caso, nella malattia di Crohn sono predominanti i dolori addominali (talvolta, se acutissimi, possono simulare un attacco d'appendicite) associati a diarrea e, talora, a febbre. Il dolore si localizza nella sede dell'ombelico o nella parte destra dell'addome e spesso si presenta dopo i pasti. Possono comparire, seppure più raramente, dolori alle articolazioni, diminuzione dell'appetito o dimagrimento. Altri segni precoci della malattia possono essere rappresentati dalla presenza di fistole anali (anormali aperture tra l'intestino e la superficie cutanea, vicino all'ano) ed ascessi. |
|
cause
|
|
Tuttora le cause sono ignote e ciò limita la terapia medica sull'uso di farmaci che controllano l'infiammazione. Sicuramente si può affermare, stando alle attuali conoscenze scientifiche, che non si tratta di una malattia contagiosa, che non è causata dagli alimenti e che non è psicosomatica (cioè non è provocata da fattori psicologici individuali). |
|
ereditarietà
|
|
Non si tratta di una malattia ereditaria nel senso stretto del termine, così come lo possono essere l'anemia mediterranea e l'emofilia, che sono considerate malattie genetiche, trasmissibili, cioè, attraverso i cromosomi. Esiste, tuttavia, una qualche predisposizione familiare nello sviluppo della malattia; infatti, un certo numero di pazienti (circa il 15/20%) ha uno o più parenti stretti affetti da malattia di Crohn (o colite ulcerosa). Comunque, se un soggetto è affetto da questa malattia, vi è una bassa probabilità che un eventuale figlio possa contrarla a sua volta. |
|
complicanze
|
|
Le complicanze di una malattia possono essere definite dagli eventi che ne rendono più complesso e fastidioso l'andamento clinico. Nella malattia di Crohn si possono verificare sia delle complicanze intestinali sia complicanze extraintestinali.
Complicanze di tipo intestinale
Gli episodi di "ostruzione intestinale" (stenosi) rappresentano probabilmente la complicanza intestinale più comune. Questi episodi sono dovuti al fatto che il processo infiammatorio può creare restringimenti di alcuni tratti dell'intestino. Tali restringimenti sono "poco distensibili" e possono causare crampi, meteorismo (formazione di gas), distensione addominale sino ad arrivare, talvolta, ad un'ostruzione parziale (sub-occlusione) o anche ad un'ostruzione completa del flusso intestinale (occlusione). In quest'ultimo caso, i sintomi descritti possono essere associati a nausea e vomito. L'ostruzione si può verificare più facilmente in presenza di cibo non digerito, come nocciole o semi, o ammassi di fibre che impediscono il passaggio d'altro materiale. Questa è una delle ragioni per cui i pazienti con malattia di Crohn che presentano zone stenotiche dovrebbero evitare cibi con "fibre grossolane", difficili da digerire. Se si verificano episodi ricorrenti di tipo occlusivo o sub-occlusivo, questi restringimenti possono rappresentare un'indicazione all'intervento chirurgico.
Le "perforazioni" (causa successiva di ascesso) sono un'altra complicanza non infrequente nei casi di malattia molto attiva. Occasionalmente possono dar luogo a imponente sanguinamento rettale; tuttavia l'emorragia ha, in generale, carattere più graduale. Anche "ascessi addominali" e "fistole" sono caratteristici della malattia di Crohn (il 25% circa dei malati) e sono considerati un'estensione dello stesso processo patologico. Un ascesso consiste in una cavità formata dalla distruzione dei tessuti. La fistola è una comunicazione anomala che può svilupparsi dalla cavità ascessuale fino ad un'altra zona intestinale o alla pelle oppure anche ad un altro organo intraddominale. I sintomi di un ascesso o di una fistola dipendono dalla loro localizzazione. Un ascesso di solito provoca febbre, dolore addominale e distensione localizzata e può risolversi spontaneamente oppure può rendersi necessario un intervento chirurgico d'incisione. La cura di una fistola richiede la vera e propria rimozione della parte d'intestino gravemente infiammata, dalla quale trae origine. In alcuni casi, tuttavia, le fistole possono guarire combinando insieme la terapia medica con il riposo dell'intestino (sospensione dell'alimentazione orale).
Complicanze extraintestinali
Molte complicanze della malattia di Crohn sono simili a quelle della colite ulcerosa. Alcune sono correlate all'attività della malattia, mentre altre sembrano seguire un decorso relativamente indipendente. Complicanze correlate all'attività della malattia possono interessare la cute, la bocca e gli occhi, così come le grosse articolazioni.
Per "affezioni sistemiche" s'intendono quei problemi che possono insorgere in sedi diverse dall'intestino, cioè laddove è localizzata la malattia e comprendono:
- Infiammazione delle articolazioni - la prevalenza di queste patologie nelle persone con Crohn è superiore a quella della stessa popolazione generale (Es: spondilite anchilosante, sacroileite, dolore lombare);
- Malattie del fegato: non sono frequenti nella malattia di Crohn, sebbene possano verificarsi delle alterazioni del tessuto epatico;
- Calcoli nella cistifellea: in presenza di malattia di Crohn possono essere correlati ad un cattivo assorbimento degli acidi biliari dall'ileo terminale, perché infiammato o asportato chirurgicamente. Tale malassorbimento provoca una maggiore concentrazione di colesterolo nella bile, che provoca la formazione di calcoli;
- Calcoli renali: se l'ileo terminale è infiammato o asportato, si ha un malassorbimento dei grassi che, legandosi al calcio, favoriscono l'assorbimento di ossalato, che è il principale costituente dei calcoli renali (ossalato di calcio).
|
|
terapia medica
|
|
Esiste una terapia della fase acuta in cui sono impiegati aminosalicilati "(5-ASA)" "cortisonici"o "antibiotici" ed una terapia di mantenimento della remissione in cui è usato il "5-ASA" o, nei casi più gravi, la "6-Mercaptopurina" (immunosoppressore). Attualmente può essere consigliata anche una terapia per prevenire la recidiva, cioè la riacutizzazione nei pazienti operati. Essa consiste nell'iniziare, subito dopo l'intervento, l'assunzione di 5-ASA, che sembra allungare i tempi di remissione della malattia.
Recentemente anche in Italia è stato posto in commercio un nuovo farmaco antinfiammatorio, il cui principio attivo si chiama Infliximab (attualmente in "fascia H", quindi disponibile solo a livello ospedaliero). Si tratta di un anticorpo monoclonale (anti-TNF), la cui azione è diretta a bloccare la citochina (mediatore dell'infiammazione) alfa-TNF, coinvolta nei meccanismi scatenanti il processo infiammatorio della malattia di Crohn.
Le indicazioni sono le seguenti: trattamento della malattia di Crohn in fase attiva, di grado severo, in pazienti che non hanno risposto alla terapia con cortisonici e/o immunosoppressori; trattamento della malattia di Crohn fistolizzante, che non ha risposto ad un adeguato ciclo di terapia convenzionale. |
|
prognosi
|
|
Le prospettive sono molto variabili e dipendono da molti fattori tra cui:
- localizzazione ed estensione della malattia;
- complicanze;
- risposta individuale alle cure.
Ci sono malati che presentano problemi di scarsa importanza. Questi possono avere sintomi intermittenti di dolori addominali e devono stare attenti alla dieta per evitare i cibi che possono aumentare i loro inconvenienti. Alcuni richiedono cure costanti con somministrazione di alte dosi di cortisonici ed altri farmaci al fine di controllare l'attività della malattia. Altri possono richiedere numerosi interventi chirurgici per trattare frequenti occlusioni intestinali.
Altri ancora possono subire un solo intervento per "ileite" e non avere mai più grossi problemi. La maggior parte dei pazienti si trova, comunque, in una situazione intermedia e conduce una vita sana, senza necessità di seguire una dieta ed assumere farmaci al bisogno. Come è noto, non vi è alcun problema di formare una famiglia. Gli uomini con malattia di Crohn sono di solito fertili, sebbene in rari casi l'assunzione di particolari farmaci possa dare transitorie alterazioni a carico degli spermatozoi.
Le donne possono condurre una gravidanza senza complicanze, purché il concepimento avvenga in un periodo di remissione. E' stato dimostrato, inoltre, che i farmaci comunemente usati per controllare la sintomatologia sono innocui, sia per la madre, sia per il bambino. Malgrado esista una maggiore probabilità di malattia di Crohn nell'ambito di una famiglia, all'interno della quale vi sia un membro già affetto, non è dimostrata alcuna possibilità che un componente della famiglia la trasmetta ad un altro. La remota possibilità che un figlio sviluppi la malattia non è sufficiente ad impedire ad una coppia che lo desideri di avere figli. |
|
|
|
|
|